Cartoline Venete

Photo project - Color 35mm

Quelle zone a sud della provincia di Padova, verso i confini con le provincie di Venezia e Rovigo sono di un fascino incredibile. Come se il tempo si fosse fermato in una strana epoca nella quale non c’e' nessun sviluppo, c’e' poco lavoro e quasi immutato, non c’e' nessuna alternativa socio-culturale. Si vedono moltissimi ragazzini che escono in massa dai riformatori nei quali rimangono rinchiusi per almeno dodici anni ad imparare un programma scolastico immutabile, anzi, che ne elogia la staticita' cosi' efficacemente da riuscire a mantenerla nella fisicita' stessa delle persone. Il mio studiare questa realta' sub-provinciale ha le sembianze dello studiare una popolazione indigena protostorica che avvolta nella mistica ciclicita' delle proprie azioni ne ha col tempo perso i significati sacrali. Ed ecco che si possono ancora vedere le scritte sui muri dalla calligrafia rotondeggiante che le ragazze usa(va)no per riempire interi diari nei quali esprimevano i loro desideri d’amore, essendo esse ormai feconde ma costrette in una mente di eterne bambine bisognose tenute dietro le sicurezze maniacali di dinamiche anti svezzamento. O ancora, si vedono nei ragazzi le stesse mode nel vestire, echi di tendenze che in passato hanno colpito le fasce benestanti cittadine e che, per facilitarne la diffusione anche verso le classi piu' povere, si sono rimodellate con materiali e design di scarsa qualita' fabbricati nel terzo mondo ma arricchendo le tasche di  imprenditori veneti. Tale sub-provincialita' si vede anche nella fisicita' dei luoghi, nelle infrastrutture, nel modo in cui cose di recente realizzazione non sono altro che la versione esteticamente modernizzata di modelli ormai superati. Un chiaro esempio ne sono i cartelloni pubblicitari lungo le strade. Il tutto da un senso di eterna pace, perche' da conforto l’essere circondati da cose famigliari. L’abitudine alle cose immutabili e statiche crea inoltre un senso di auto-convinzione che questo sia l’unico mondo possibile e quindi anche quello piu' giusto. Ed e' appunto da questa esperienza che nasce l’odio per il diverso, qualunque esso sia.
Di recente ho ricordato un pensiero che facevo sempre da ragazzino, ero convinto che il luoghi circostanti nascondessero diversi mondi fatti di conoscenze specifiche, artigianali, estremamente creative e interconnesse con usi e costumi diversi provenienti da una coscienza universale. Il tutto facente parte di un pianeta armonioso e pacifico. Quindi guardando un negozio d’arte, una falegnameria, un’universita' o una istituzione in generale, immaginavo artisti, carpentieri e studiosi che con passione e abilita' svolgessero il loro lavoro per il bene della comunita', nel nome della qualita' di un vivere legittimato da valori inespugnabili. Nei paesi, ogni serranda, anche quelle che sembravano vecchie e abbandonate, per me conservavano le avanguardie dell’operato umano e la possibilita' per me, in un futuro, di poter apprendere tali nobili arti.